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Guerra in Iraq

Elicottero americano sopra Bagdad

La guerra in Iraq (detta anche seconda guerra del Golfo) iniziò ufficialmente il 20 marzo 2003 con l'invasione dell'Iraq da parte di una coalizione formata inizialmente da Stati Uniti, Regno Unito, Australia e Polonia. Essa fu preceduta da una lunga ostilità armata (iniziata con la Prima guerra del Golfo del 1990-91) fra l'Iraq del dittatore Saddam Hussein e molti altri stati (USA in primis). Le truppe della coalizione prevalsero facilmente sull'esercito iracheno, tanto che il 1º maggio 2003 il presidente americano Bush  proclamò concluse le operazioni militari su larga scala.

Tuttavia, nonostante numerosi Paesi (fra cui l'Italia) si siano uniti alla coalizione inviando contingenti militari con compiti di stabilizzazione, il conflitto prosegue. Esso si è trasformato in una guerra a bassa intensità che vede da una parte gli occupanti e il nuovo governo iracheno (e le milizie che lo appoggiano) e dall'altra un movimento di resistenza forte soprattutto nelle province centrali a prevalenza sunnita, di cui fanno parte blocchi disparati che vanno da ex-membri del partito Ba‘th e dell'esercito, a gruppi religiosi, etnici o tribali e a gruppi apertamente terroristici legati ad al-Qaida. La situazione attuale è di stallo: è improbabile che la resistenza sia estirpata in tempi brevi con mezzi puramente militari; essa è però troppo debole per scacciare le forze della coalizione, per cui ricorre alla guerriglia e al terrorismo.

I tentativi di por fine allo scontro attraverso un processo politico (come le due elezioni tenute nel 2005 e la scrittura di una nuova costituzione) non hanno avuto esito: Sciiti e Curdi, vincitori delle elezioni, hanno persino esacerbato il conflitto introducendo nella costituzione misure federaliste contrarie agli interessi dei sunniti. I governi che si sono succeduti sono deboli ed incapaci di controllare persino i propri sostenitori, tanto che si segnalano sempre più spesso scontri armati fra milizie in teoria filo-governative (come a Basra, teatro di uno scontro fra fazioni sciite, o a Kirkuk, contesa fra Sciiti e Curdi). Sia questi scontri che quelli con la resistenza sono spesso accompagnati da episodi di pulizia etnica, che hanno portato circa 180.000 iracheni a fuggire dalle proprie case.

I costi umani della guerra non sono chiari: l'unico numero noto con una certa precisione è quello delle perdite americane (circa 2.718 morti e 19.910 feriti fino al 2 Ottobre 2006), mentre per le perdite irachene si va dai circa 30.000 morti cui ha accennato il presidente Bush in un discorso del dicembre 2005, ai circa 650.000 stimati in uno studio apparso nell'ottobre 2006 sulla rivista medica Lancet.